Sezione Campania – Conferenze castellane su Zoom
di
Istituto Italiano dei Castelli
video conferenza promossa dall’ Istituto Italiano dei Castelli – sezione Campania, relatore il dott. Lanfranco Longobardi, dal titolo “Assediare gli assedianti: il progetto del castello del Carmine a Napoli e la rivolta di Masaniello”– Appuntamento alle ore 18 su Zoom.
Per partecipare occorre prenotarsi inviando una e-mail a castellicampania@virgilio.it entro il 26 gennaio: si riceveranno così le credenziali di accesso.
Il castello del Carmine, la cui costruzione risale al 1382 per volere di Carlo di Durazzo, serviva a consolidare ad oriente il sistema difensivo della città, fu chiamato “Sperone” per la sua pianta concepita con questa forma. Sorse sul limite orientale della città, adiacente a piazza Mercato, sul mare. Nato esclusivamente con scopi militari, il castello fu dotato di forti torri cilindriche, di un elevato torrione e di merlate mura perimetrali costituite da robusti blocchi di piperno.
Notevolmente ampliato durante il periodo vicereale svolse un ruolo particolarmente rilevante durante la cosiddetta rivolta di Masaniello (1647-1648). La vicinanza e la compenetrazione tra il forte e il convento del Carmine ne permise l’occupazione da parte dei rivoltosi.
L’uso delle postazioni di tiro del castello verso la marina non permise alle galee reali di avvicinarsi al molo e quindi di scaricare agevolmente merci e truppe. Ciò fu uno dei fattori che permise ai rivoltosi di tenere la città per nove mesi. La rivolta evidenziò l’importanza di questa struttura che subì un esteso potenziamento dopo la fine dell’insurrezione. Nel periodo 1740-49 fu costruita lungo il litorale napoletano, dal Molo Piccolo al Carmine, la “Strada Nuova” (oggi via Nuova Marina), cosa che implicò l’abbattimento di tutte le mura verso il mare. Nel 1799 il Castello del Carmine, venne occupato dalle truppe francesi; fu assalito da turbe di popolani che issarono la
bandiera borbonica e lo ricedettero ai francesi solo dopo strenua resistenza; alcuni mesi dopo, con l’arrivo dei sanfedisti del cardinale Ruffo di Calabria, le stesse turbe lo assaltarono nuovamente, cacciando via i Francesi e attuando una feroce vendetta contro i repubblicani napoletani che vi si erano rifugiati. Il Castello fu trasformato immediatamente in carcere e per primi vi furono imprigionati molti dei martiri della repressione della Rivoluzione; l’edificio mantenne la
funzione di penitenziario per tutto il periodo borbonico (rimangono ancora le cancellate alle finestre nel tratto aragonese rimasto). Nel 1860 il castello cambiò solo leggermente la sua funzione, diventando carcere militare; da questa data si assiste al suo progressivo smantellamento. Nel 1864 fu demolita la porta del Carmine, unitamente alle torri che la fiancheggiavano, per la decisione del Municipio di operare lavori di ampliamento della sede viaria (attraverso la copertura dei fossati) dell’attuale corso Garibaldi, e per allargare il passaggio tra quest’ultimo e la piazza del Mercato Nel 1906, passato miracolosamente indenne al Risanamento, fu invece quasi completamente abbattuto ancora per far posto al rettilineo di Corso Garibaldi, nonché per essere sostituito dal panificio militare (caserma G. Sani; al suo interno sembra rimangano alcuni resti del castello). L’ultimo
intervento, pochi decenni dopo, per l’allargamento della via Nuova Marina, comportarono un ulteriore taglio al chiostro del complesso del Carmine (oltre al panificio) e lo spostamento del Vado del Carmine sullo spartitraffico che divide le corsie della strada, a tener tristemente compagnia alle altre due ultime reliquie del castello oggi rimaste, cioè le torri Brava e Spinella, ormai assolutamente estranee al contesto urbano.
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Sezione Campania – Corso architetture fortificate XV edizione
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Istituto Italiano dei Castelli
video conferenza promossa dall’ Istituto Italiano dei Castelli – sezione Campania, relatore il dott. Lanfranco Longobardi, dal titolo “Assediare gli assedianti: il progetto del castello del Carmine a Napoli e la rivolta di Masaniello”– Appuntamento alle ore 18 su Zoom.
Per partecipare occorre prenotarsi inviando una e-mail a castellicampania@virgilio.it entro il 26 gennaio: si riceveranno così le credenziali di accesso.
Il castello del Carmine, la cui costruzione risale al 1382 per volere di Carlo di Durazzo, serviva a consolidare ad oriente il sistema difensivo della città, fu chiamato “Sperone” per la sua pianta concepita con questa forma. Sorse sul limite orientale della città, adiacente a piazza Mercato, sul mare. Nato esclusivamente con scopi militari, il castello fu dotato di forti torri cilindriche, di un elevato torrione e di merlate mura perimetrali costituite da robusti blocchi di piperno.
Notevolmente ampliato durante il periodo vicereale svolse un ruolo particolarmente rilevante durante la cosiddetta rivolta di Masaniello (1647-1648). La vicinanza e la compenetrazione tra il forte e il convento del Carmine ne permise l’occupazione da parte dei rivoltosi.
L’uso delle postazioni di tiro del castello verso la marina non permise alle galee reali di avvicinarsi al molo e quindi di scaricare agevolmente merci e truppe. Ciò fu uno dei fattori che permise ai rivoltosi di tenere la città per nove mesi. La rivolta evidenziò l’importanza di questa struttura che subì un esteso potenziamento dopo la fine dell’insurrezione. Nel periodo 1740-49 fu costruita lungo il litorale napoletano, dal Molo Piccolo al Carmine, la “Strada Nuova” (oggi via Nuova Marina), cosa che implicò l’abbattimento di tutte le mura verso il mare. Nel 1799 il Castello del Carmine, venne occupato dalle truppe francesi; fu assalito da turbe di popolani che issarono la
bandiera borbonica e lo ricedettero ai francesi solo dopo strenua resistenza; alcuni mesi dopo, con l’arrivo dei sanfedisti del cardinale Ruffo di Calabria, le stesse turbe lo assaltarono nuovamente, cacciando via i Francesi e attuando una feroce vendetta contro i repubblicani napoletani che vi si erano rifugiati. Il Castello fu trasformato immediatamente in carcere e per primi vi furono imprigionati molti dei martiri della repressione della Rivoluzione; l’edificio mantenne la
funzione di penitenziario per tutto il periodo borbonico (rimangono ancora le cancellate alle finestre nel tratto aragonese rimasto). Nel 1860 il castello cambiò solo leggermente la sua funzione, diventando carcere militare; da questa data si assiste al suo progressivo smantellamento. Nel 1864 fu demolita la porta del Carmine, unitamente alle torri che la fiancheggiavano, per la decisione del Municipio di operare lavori di ampliamento della sede viaria (attraverso la copertura dei fossati) dell’attuale corso Garibaldi, e per allargare il passaggio tra quest’ultimo e la piazza del Mercato Nel 1906, passato miracolosamente indenne al Risanamento, fu invece quasi completamente abbattuto ancora per far posto al rettilineo di Corso Garibaldi, nonché per essere sostituito dal panificio militare (caserma G. Sani; al suo interno sembra rimangano alcuni resti del castello). L’ultimo
intervento, pochi decenni dopo, per l’allargamento della via Nuova Marina, comportarono un ulteriore taglio al chiostro del complesso del Carmine (oltre al panificio) e lo spostamento del Vado del Carmine sullo spartitraffico che divide le corsie della strada, a tener tristemente compagnia alle altre due ultime reliquie del castello oggi rimaste, cioè le torri Brava e Spinella, ormai assolutamente estranee al contesto urbano.
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